Qualche giorno fa, dopo la seduta del mercoledì, prendo l’iPhone e chiamo mamma. Squilla. “Mamma, ma quando ero piccola ero felice?”. Lei, perplessa, pone la stessa domanda a papà che era accanto a lui. In sottofondo Martina che abbaia (ormai lo fa sempre quando le preparano da mangiare). Poi il silenzio. Si consultano: “Ecco sicuramente eri una rompi coglioni. Insoddisfatta”. Vi risparmio alcuni racconti però scopro quel che mi interessa e che sento da tempo. Sono sempre stata insoddisfatta. Il vocabolario della Treccani dice:
insoddisfazióne
insoddisfazióne (tosc. e letter. insodisfazióne) s. f. [comp. di in-2 e soddisfazione]. – L’essere, il sentirsi insoddisfatto, cioè non appagato in ciò che si chiedeva o voleva: esprimere, dichiarare, non nascondere la propria i. (per la risposta deludente ricevuta, per lo scarso riconoscimento avuto, ecc.). Più com., sentimento di intima scontentezza dovuto a cause determinate e spesso provenienti dalle azioni proprie, dal proprio operato o comportamento, o anche senza cause apparenti, e perciò vago e indefinito: i. di sé, della propria vita; avvertire, essere oppresso da un profondo senso d’i.; in partic., i. dei sensi, i. sessuale, o assol. insoddisfazione, senso di inappagamento, di frustrazione fisica e psichica conseguente a rapporti sessuali incompleti o comunque deludenti, oppure provocato dalla rarità dell’accoppiamento rispetto ai proprî stimoli e bisogni.
Bene, e con questo è tutto. Per ora.